Paolo Benvegnù è uno di quegli artisti che, quando hai la fortuna di parlarci e di conoscerlo, non può non affascinarti: riesce ad essere saggio eppure a mantenere la purezza di un bambino e il dialogo con lui apre spesso a mondi e riflessioni inaspettate.
“E’ inutile parlare d’amore”, il suo nuovo album, è a mio avviso la summa delle sue idee dell’ultimo decennio almeno e aver avuto l’occasione di intervistarlo e poterne parlare con lui è stato certamente un regalo, perchè le riflessioni che possono nascere sulla società attuale se leggerete le sue parole sono molteplici e dalla profondità potenzialmente sconfinata.

Paolo, insomma, l’ennesimo disco bellissimo…ci hai abituato proprio male! Voglio partire dal singolo “Canzoni brutte”: mi ha fatto molto sorridere, la prima volta che l’ho ascoltata, immaginarti a scrivere questo brano visto che conosco la tua ironia. C’è una parte di te che vorrebbe scrivere canzoni brutte per conquistare tutti?

“Diciamo che avevo pensato su questo disco tutta una sceneggiatura: all’inizio con una presentazione del contesto storico in “Tecnica e Simbolica”, poi con l’entrata in scena dei personaggi in “L’oceano” e “Marlene Dietrich” e poi altri momenti, in “Canzoni brutte” mi sono immaginato uno dei due protagonisti del disco, quello sempre slanciato verso l’epica, che si slancia e usa l’ironia come un’arma. “Canzoni brutte” nasce con la stessa idea di quella che Daniele Silvestri portava in “L’uomo col megafono”, quando cantava “lo slogan è fascista di natura”, frase che è di per se stessa a sua volta proprio uno slogan! Nella narrazione che avevo nella mia testa questo brano era il tentativo di slanciarsi verso la semplificazione del metodo di scrittura, del fare canzoni, criticando quel metodo con ironia e tornando poi dopo nel proprio alveo di ricerca. Quando è nato il pezzo ci ho riso molto, perchè una parte di me vorrebbe avere il pelo sullo stomaco per fare queste cose qui, ma non ce l’ho, quindi è stata solo una boutade. Se hai sorriso hai colto che mi son divertito a scriverlo, anzi nella prima versione era ancora più ironico, con un intermezzo trap che poi è stato tolto.”

Hai parlato del disco come di una storia, un romanzo: è un romanzo di formazione? Io ci ho letto una crescita dei personaggi e delle loro riflessioni canzone per canzone.

“Devo dire la sincera verità: questa volta la storia l’ho costruita meglio che negli ultimi dischi. Ho capito che ogni essere umano è in metamorfosi perenne e che quello che noi uomini cerchiamo di fare tutta la vita è cristallizzare la vita stessa nel momento in cui tutto ci sta andando bene, ma ovviamente non è possibile perchè tutto è in movimento.
Da un lato quindi mi sembra di aver colto in questi brani tutto il metamorfismo dell’uomo, la volontà di brillare, nel senso non solo di rilucere ma anche di esplodere proprio, e dall’altro ho come l’impressione che mi son focalizzato tanto sui testi, più che negli ultimi lavori, che trovavo piuttosto pesanti da quel punto di vista: è come se mi fossi inventato un nuovo glossario, perciò una frase semplice come “chiamami per nome”, comprensibile a tutti, ha per me in realtà un significato più alto, ovvero “in un mondo come questo, chiamarsi per nome ha un senso salvifico” e così altre frasi di questi pezzi. Ho cercato di semplificare le parole andando alla radice, ma dando a parole semplici significati più elevati e credo di averlo fatto bene.”

Tornando alla letteratura a questo proposito, uno degli autori che più sta raccontando quest’epoca, come provi a far tu in questi pezzi, ma lo fa in un’ottica pessimista verso il futuro è Houllebecq, la tua è un’ottica così distruttiva? A cosa ci sta portando lo sviluppo di questa società?

“Io più che pessimista mi sento realista, pur fuggendo la realtà. Da informatico della prima ora penso che ci stiamo costruendo una gabbia ancora più stretta rispetto al novecento: quest’epoca mi sembra coercizzante anche nel pensiero ed ecco allora perchè bisogna andare verso l’amore, perchè l’amore va a intercettare il mistero dell’altro, in qualunque modo.
Mi viene da pensare che questa sia l’unica libertà che ci rimarrà, se riusciremo nella relazione con l’altro a “pensare” l’altro e non ad essere perennemente egoriferiti. Siamo secondo me su una china molto pericolosa, in un momento di cambiamenti radicali; gli ultimi 10 anni sono stati rapidissimi, soprattutto nella considerazione della propria presenza nel mondo: stiamo andando verso un futuro in cui si cerca di essere immortali, di allungare sempre di più la vita fino all’infinito ma se togli le conseguenze più nefaste alle azioni di ognuno capisci che tutto finisce per svilirsi di senso, si perde completamente il concetto di responsabilità verso ciò che si fa. Lo trovo terribile.”

“Aggiungo che un’altra cosa che è cambiata totalmente in questi ultimi anni è il modo di rapportarsi agli altri, nel senso che una volta se avevi un interlocutore che non capivi eri tu a sentirti in difetto, mentre adesso è colpa dell’altro che si esprime male.”

Penso che questo sia un effetto dei social e della società digitale, dove finiamo per rinchiuderci in delle bolle ed eliminare chiunque non la pensi come noi.

“Certo, su questo sono d’accordo. Un’altra cosa che mi inorridisce del mondo digitale è che in questo mondo non si ha mai una vera cartina di tornasole: qualsiasi episodio, evento, fatto può essere trasformato in qualsiasi maniera a seconda di chi lo racconta, ad esempio un film capolavoro per me è orribile per un altro e non c’è più una fonte affidabile e universale che sia incontestabile e dica “il film è bello/il film è brutto perchè e per come” “

Diciamo che il concetto di competenza è andato a farsi friggere…

“Esatto sono d’accordo con te e, da incompetente, non suo i social perchè non mi permetterei mai di imporre le mie idee o convinzioni su un altro in materie che non mi riguardano. Si creano contrapposizioni assurde per niente nel mondo social e questo è un grosso problema, anche perchè poi gli utenti sono visti solo come potenziali compratori e quello che il social gli propone è tarato sulle loro convinzioni.”

Si ritorna al concetto che il mondo attuale è tutto un gigantesco mercato in cui il prodotto da vendere siamo noi stessi alla fine.

“Paradossalmente magari riuscissimo a vendere noi stessi conoscendo sè stessi, si vende invece una rappresentazione di sè.”

Mi viene da chiederti se da padre di una nativa digitale sei preoccupato, come vivi il suo rapporto con i social e cosa pensi per il suo futuro?

“Anna, che ha 7 anni, non ha ancora nessun rapporto con computer e cellulari e cercherò di protrarre più a lungo possibile questo non rapporto. Poi è chiaro che quando ci entrerà mi auguro che ne faccia un uso consapevole, e chissà cosa proporrà il mondo digitale quando ci entrerà lei! Io, negli ultimi 10 anni e soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, ho imparato a guardare il cielo più di uno schermo ed è questo quello che cerco di insegnare a lei: spesso noi uomini pensiamo troppo in modo pragmatico e ci dimentichiamo il trascendente, il pensiero. Ripeto, siamo su una china pericolosa.”

Stiamo vedendo che le macchine pensano sempre più per noi e ci spingono (o ci spingiamo?) verso questo infinito loop del “produci, consuma, crepa” come diceva qualcuno già 40 anni fa.

“Ma infatti la cosa divertente e paradossale è che le macchine dovrebbero si pensare e lavorare per noi ma lasciandoci così il tempo libero per la felicità, per pensieri più alti e anche per la “bella noia”, in cui appunto formulare pensieri astratti, invece passiamo le ore comunque a guardare le macchine che pensano e lavorano per noi. Io ho smesso di fare l’informatico nell’89 perchè mi ero reso conto di questo.”

In questo mondo il ruolo della musica è ancora quello di poter smuovere qualcosa e far riflettere?

“La musica ha smesso da almeno 30 anni di essere qualcosa di incidente nel cammino dell’umanità, c’è stato un momento in cui lo era, con i Beatles o per restare in Italia mi viene in mente il Gaber di “Polli d’allevamento”, con la sua critica vera alla società del tempo che davvero smosse qualcosa. Ora non c’è il coraggio da parte di chi fa musica di pensare al di là del proprio risultato, di fare critica, lo fanno davvero in pochi e spero di esserci anche io tra quei pochi, d’altra parte l’attenzione dei fruitori della musica è così superficiale che non può più incidere, al massimo può farlo sul costume come la moda o il calcio, tanto è vero che poi quando muore un musicista al tg mandano gli highlights così come quando muore uno sportivo, riducendo una vita a pochi minuti. Tra l’altro è appena scomparso Gigi Riva e lasciami dire che non si può ridurre a qualche gol un gigante del genere, che seppe rifiutare il potere delle squadre del nord perchè stava bene a Cagliari: una volta scelte di questo genere erano simboli, oggi non esiste più qualcosa di simile, anzi per parodosso la scelta di Riva nel mondo di oggi sarebbe forse irrisa.”

Tornando a parlare di musica, quanto ha inciso la compattezza della band su questo disco?

“Guarda il gruppo è stato fondamentale, per quanto si sia registrato a spizzichi e bocconi perchè tutti hanno un altro lavoro oltre a fare il musicista e trovarsi non era semplice. Devo dire che tutti loro si sentono appartenenti a quello che è il mio modo di tratteggiare la musica e sono loro a finire poi il disegno dando le pennellate: senza di loro sarebbe per me impossibile fare un disco, se dovessi pensare a un disco solista non mi sentirei in grado”.

Si torna al concetto del disco di rivolgersi verso l’altro, di vedere l’amore come unica salvezza possibile.

“Ma certo, bisognerebbe capire che occorre abbandonare l’io e passare al noi e questa cosa ce la dicono già da subito le cellule che ci compongono: sono due cellule che si uniscono che danno vita a una cellula nuova e dare a questa cellula nuova un breviare di sopravvivenza. Senza l’altro non c’è possibilità di creazione.”

Il tour di Paolo Benvegnù e band è appena partito, queste le prossime date:

GIOVEDÌ 8 FEBBRAIO 2024
HIROSHIMA MON AMOUR – TORINO

VENERDÌ 9 FEBBRAIO 2024
LATTERIA MOLLOY – BRESCIA

GIOVEDÌ 22 FEBBRAIO 2024
MONK – ROMA

VENERDÌ 23 FEBBRAIO 2024
ARCI KALINKA DUDE – SOLIERA (MO)

GIOVEDI’ 14 MARZO 2024
IL GARIBALDI – PRATO

SABATO 16 MARZO 2024
SALA DON BOSCO – MAROSTICA (VI)

SABATO 06 APRILE 2024
LA DARSENA LIVE – CASTIGLIONE DEL LAGO (PG)